Quando travasare il vino?

Le operazioni di travaso del vino servono a non alterarne gusto e peculiarità: ecco come e quando farle correttamente.

Quando travasare il vino?

Alcuni processi, infatti, come quello di travasare il vino, necessitano di una profonda conoscenza delle uve locali e delle loro caratteristiche, al fine di preservarne i profumi e gli aromi fino all’imbottigliamento e alla degustazione del prodotto finale. Proprio l’operazione di travaso del vino è quella che consente di mantenerne intatto il gusto e il profumo. Ma quando si travasa il vino e perché?

Perché si travasa il vino

Prima di illustrare quando si travasa il vino e in che fase del processo produttivo si colloca questa delicata operazione, è fondamentale sapere perché si travasa il vino.

Il suo scopo è, come anticipato, quello di mantenere intatte le caratteristiche chimiche, biologiche e organolettiche del vino al fine di garantirne la qualità ed eliminare i residui della fermentazione.

La fermentazione alcolica del mosto, infatti, produce necessariamente sostanze di scarto come lieviti esausti, bucce, vinaccioli e altri sedimenti che si depositano sul fondo della botte e che, se non vengono separati al momento opportuno, rischiano di intaccare la qualità del vino. L’operazione di travasare il vino si effettua proprio dopo la fermentazione, con una particolare attenzione alle tempistiche da seguire, che variano da vino a vino.

Quando travasare il vino: una questione di equilibrio e tempistiche

Intervenire troppo presto con il travaso del vino non darebbe al mosto il tempo necessario per entrare in contatto con i lieviti e sviluppare quindi la fermentazione alcolica.

Intervenire troppo tardi, lasciando quindi il vino a contatto con i lieviti esausti per molto tempo, produrrebbe invece odori e sapori sgradevoli all’interno della botte che altererebbero irrimediabilmente le caratteristiche vino. Questi odori sono conosciuti anche con l’espressione “odori di feccia”. È compito proprio del team enologico capire quando travasare il vino.

Nel processo di travaso del vino, un’attenzione particolare va posta al fenomeno di ossigenazione, ossia all’esposizione all’aria del prodotto: da un lato, è necessario ossigenare il vino per eliminare eventuali “odori di feccia”;
dall’altro non deve ossigenarsi troppo per non perdere le sue caratteristiche olfattive peculiari.
Ogni vino ha i suoi tempi e gli esperti hanno imparato a conoscerli: un vino delicato e con pochi tannini, ad esempio, deve essere tutelato dal contatto con l’ossigeno mentre un rosso più corposo può beneficiare di una breve esposizione all’aria.

Travaso all’aria e travaso al chiuso

Al fine di preservare le peculiarità di ogni vino, è possibile adoperare due metodi diversi per travasare il vino:
il travaso all’aria e il travaso al chiuso.

Il travaso all’aria consiste nel travasare il vino dal recipiente in cui è fermentato in uno più piccolo e aperto, per favorire l’ossigenazione e l’eliminazione degli odori sgradevoli che possono crearsi durante la fermentazione stessa.

Il travaso chiuso, invece, viene generalmente adoperato per i vini più delicati e riduce al minimo il contatto con l’aria sfruttando l’azione di una pompa (chiamata “pompa enologica”) che trasferisce il vino da un contenitore all’altro.

Primo, secondo e terzo travaso: quando si fanno?

Rispondere alla domanda “quando si travasa il vino?” non è semplice poiché i vini subiscono almeno tre operazioni di travaso, se non di più nel caso dei rossi invecchiati diversi anni:

  • il primo travaso avviene subito dopo la fermentazione, con tempistiche diverse in base alla tipologia del vino;
  • il secondo travaso si effettua invece a inizio inverno, quando le basse temperature rendono più facile il distacco dei sedimenti e della feccia che precipita sul fondo della botte;
  • il terzo travaso, infine, si fa generalmente a primavera, tra marzo e aprile.

Dopo il terzo travaso, i vini bianchi sono pronti per essere imbottigliati mentre per i vini rossi comincia il processo di invecchiamento in cantina.

Dunque, quando si travasa il vino rosso da far invecchiare? I rossi che riposano in cantina per diversi anni in genere vanno travasati due volte all’anno (in primavera e in inverno) e, se necessario, viene aggiunta una piccola quantità di anidride solforosa, una sostanza indispensabile per evitare la proliferazione di batteri all’interno delle botti, al fine di reintegrare quella persa e volatilizzata durante il travaso.

Dove dormire in castello medioevale

Hai sempre sognato di dormire in un castello medioevale? Scopri quali sono le dieci migliori location in Italia per vivere una notte da favola.

Dormire in castello medievale: le 10 migliori location

L’Italia, con i suoi paesaggi mozzafiato, i suoi borghi incastonati tra le dolci colline e la sua storia millenaria, offre ai turisti un ampio ventaglio di esperienze culturali, enogastronomiche, artistiche, nonché la possibilità di dormire in un castello medievale.
Sono numerosi, infatti, i borghi e i piccoli paesi che conservano ancora le vestigia di un antico passato sotto forma di fortilizi, castelli e torri che dominano il paesaggio circostante e che sono state ristrutturate e trasformate in tempi recenti in alberghi o resort di lusso. Da Nord a Sud, ecco alcune delle migliori location per dormire in un castello in Italia.

Dormire in un castello medievale in Nord Italia

Uno dei castelli più belli del Nord Italia è il Castello Bevilacqua a Montagnana, un piccolo borgo veneto posto al crocevia delle più importanti città della regione. Oltre a provare l’emozione di dormire in un castello medievale di epoca trecentesca, un soggiorno in questo borgo vi darà l’occasione di visitare facilmente i luoghi più famosi del Veneto.

Suggestivo e romantico, nonché ricco di storia e opere d’arte è anche il Castello Visconteo di Cassano d’Adda, un’imponente fortezza che si specchia sul fiume, ristrutturata con un gusto moderno ed elegante e che si sposa perfettamente con le architetture antiche.

Il Castello di Sinio in Piemonte sorge invece sulla cima della collina che domina il borgo sottostante e rappresenta una location ideale per chi vuole provare l’esperienza di dormire in un castello medievale e vivere in una fiaba, cenando nella raffinata sala d’armi a lume di candela o riposando in un confortevole letto a baldacchino.

A Capriva del Friuli sorge il Castello di Spessa, un luogo dove natura e storia si fondono in una perfetta armonia. Qui l’eleganza e il lusso regalano agli ospiti romantiche emozioni.

Il Castello Rubein è immerso nell’incantevole bosco che circonda la città di Merano in Trentino: un’oasi di pace e tranquillità e il punto perfetto da cui partire per visitare ad esempio il Sud Tirolo e le sue bellezze naturalistiche. Rappresenta la location perfetta per soggiornare in un castello del XII secolo.

Alloggiare in un castello del Sud Italia

Passando dalle fredde montagne del Trentino alla soleggiata Sicilia, per alloggiare in un castello la scelta migliore è il Castello di Falconara a Butera, una dimora storica risalente al XIV secolo dotata di un esclusivo accesso al mare e di un ampio parco avvolto nei profumi e nei colori del Mediterraneo.

Romantico e fiabesco in ogni momento dell’anno, ma soprattutto nel periodo natalizio, è poi il Castello di Limatola in Campania. Si tratta di una fortezza abbarbicata sulla collina che domina il borgo, con incantevoli spazi esterni tra scale di pietra, alberi secolari e accoglienti e romantici spazi interni arredati in stile rinascimentale.

Dove soggiornare in un castello del Centro Italia

Alloggiare in un castello medievale e tuffarsi in un’atmosfera d’altri tempi è un’esperienza ricercata soprattutto dalle giovani coppie, che possono trovare nel Castello Orsini di Nerola (Lazio) un luogo incantato ricco di storia e fascino. Il castello, circondato da un fossato e da un possente muraglione di pietra, conserva tutta la nobiltà e la ricercatezza della famiglia da cui prende il nome, anche nell’arredamento e nei servizi di lusso.

In Abruzzo invece si trova il Castello Chiola, una casa padronale di epoca medievale con suites arredate in stile moderno e raffinato.

Castello Banfi in Toscana

La Toscana, costellata da incantevoli borghi arroccati sulle colline, è la regione italiana che più di tutte offre la possibilità di dormire in un castello medievale. Ogni borgo ha infatti la sua rocca, la sua torre di guardia o il suo castello che vengono restaurati e rifunzionalizzati per accogliere tra le mura di pietra i visitatori che cercano una vacanza da favola.

A Montalcino, tra le colline e i vigneti della Val d’Orcia sorge Castello Banfi, una fortezza storica costruita tra il X e il XIII secolo che domina l’intero paesaggio e offre a chi ha la fortuna di affacciarsi della sue merlature una vista mozzafiato sull’intera tenuta Banfi.

Castello Banfi è un complesso dedicato al benessere e al relax, nato per valorizzare un territorio ricco di storia e tradizioni enogastronomiche e per offrire ai turisti la possibilità di soggiornare in un castello potendo godere di tutti i comfort di una struttura di lusso.

Le camere e le suites sono ampie e spaziose, con una vista incantevole sui vigneti e sulla campagna toscana circostante, e sfoggiano arredi firmati dal rinomato architetto d’interni Federico Forquet che ha saputo ridare vita agli antichi ambienti del castello e alle abitazioni del borgo con un design innovativo e originale. Una perfetta armonia tra lusso e tradizione, tra accessori esclusivi realizzati a mano e il tipico stile toscano.

Soggiornare in un castello come Castello Banfi vi permetterà di respirare un’atmosfera incantata d’altri tempi, passeggiando all’ombra del romantico Pergolato, dove il profumo dei roseti rende più dolce l’aria della sera, o rilassandovi nella Sala Lettura, dove raffinatezza e comfort vi regaleranno piacevoli momenti di relax.

Filtrare il vino: come e quando

Filtrare il vino serve a eliminare residui e parti solide: ecco come e quando farlo correttamente.

La guida completa per filtrare il vino correttamente

Nel valutare la qualità di un vino, la limpidezza gioca un ruolo fondamentale: l’assenza di torbidità permette di riconoscere infatti un vino pregiato anche senza stappare la bottiglia. Essa rappresenta il frutto di un’attenta opera di filtrazione del vino e di chiarificazione, portata avanti dai maestri vinaioli attraverso un processo meticoloso e graduale che prevede diverse fasi.
Capire come filtrare il vino, quali sono le tecniche più utilizzate nelle cantine più rinomate o assistere di persona ai processi di produzione del vino grazie a una visita guidata presso una cantina storica come quella di Banfi, siamo certi rappresentino una fonte di arricchimento della conoscenze sul mondo del vino per i nostri visitatori.

Come filtrare il vino e perché

Filtrare il vino, rosso o bianco, ha lo scopo di accrescere la limpidezza del prodotto, eliminando gli elementi in sospensione che possono intorbidirne l’aspetto o, in alcuni casi, comprometterne la qualità e il bouquet di profumi.
Nella pratica, la filtrazione del vino consiste nel separare il liquido dai residui solidi (fecce, lieviti o altre particelle granulose) che possono rimanere sul fondo dopo la pigiatura o la fermentazione. Tale procedimento viene effettuato con l’uso di appositi strumenti filtranti, realizzati in diverso materiale e spesso arricchiti con sostanze che ne aumentano la capacità filtrante.

Le tecniche di filtrazione del vino

Le diverse tecniche di filtrazione, a seconda della grana delle particelle da eliminare, si dividono in:

  • sgrossanti: servono a eliminare le particelle più voluminose presenti in sospensione nel vino;
  • brillantanti: intervengono sulle particelle più piccole, quelle visibili soprattutto nei vini bianchi o nelle produzioni pregiate in cui anche il più piccolo segno di torbidità può compromettere la qualità del prodotto;
  • sterilizzanti: eliminano del tutto i microorganismi presenti nel vino, compresi i lieviti potenzialmente dannosi, arrestando quindi il processo di fermentazione al suo punto ideale.

I metodi utilizzati quando si filtra il vino

A proposito di come si filtra il vino, è interessante sapere che nelle grandi aziende vinicole si possono distinguere due principali metodologie di intervento:

  • la prima è chiamata setacciamento o filtrazione di superficie: consiste nel filtrare il vino attraverso una serie di superfici porose che trattengono le impurità in superficie, poiché di dimensioni più grandi rispetto ai fori di filtraggio;
  • la seconda prende il nome di assorbimento o filtrazione di profondità: prevede l’utilizzo di fibre assorbenti che trattengono sedimenti e particelle al loro interno, lasciando quindi filtrare solo il vino ormai illimpidito.

Esistono dunque diverse tecniche di filtrazione del vino che si differenziano tra loro anche per la tipologia dei materiali impiegati durante il processo. La scelta dei filtri dipende principalmente dalle caratteristiche del vino e dal grado di limpidità che si vuole raggiungere. Inoltre, le tecniche per la filtrazione del vino possono essere eseguite in successione al fine di ottenere una limpidezza soddisfacente a seconda del vino trattato.

Con deposito

La filtrazione per deposito è la prima a essere eseguita e ha un effetto sgrossante. Il suo scopo è infatti quello di eliminare le particelle più grossolane attraverso l’utilizzo di una tela. È uno dei metodi più utilizzati per filtrare il vino in casa.

Per alluvionaggio

La filtrazione per alluvionaggio continuo pulisce il vino dai sedimenti della fermentazione (fecce, bucce e lieviti). Viene utilizzato un pannello forato a pori discretamente ampi; questi vengono riempiti con cellulosa e silicati, materiali che attivano e intensificano il processo di filtrazione.
Il vantaggio di questo metodo è quello di poter lavorare su grandi quantità e di sfruttare appieno l’efficacia dei coadiuvanti di filtrazione.

Su cartoni

La filtrazione sui cartoni avviene mediante pannelli di cellulosa biodegradabile e compostabile, arricchiti con fibre di cotone, farina fossile e resine cationiche. I pannelli vengono inseriti tra due piastre a lamiera forata e viene sfruttato il metodo della filtrazione di profondità: i cartoni assorbono e trattengono così le impurità principali.

Su membrana

La filtrazione su membrana (o “microfiltrazione”) è invece destinata ai vini che devono rispettare un elevato grado di limpidità. Vengono utilizzate membrane molto sottili in grado di trattenere particelle microscopiche, realizzate sia in materiali organici (membrane polimeriche) che inorganici (membrane in materiale ceramico).
Infine, quando il flusso del liquido è parallelo a quello della membrana e riduce al minimo i depositi sulla membrana si parla di filtrazione tangenziale.

Come si fa la vendemmia?

Tutto quello che c’è da sapere su come si fa la vendemmia tradizionale e moderna. Scopri quali sono le fasi della vendemmia a Castello Banfi.

Vendemmia: tutto quello che c’è da sapere

Nell’elaborato processo che trasforma i grappoli aulenti in vini pregiati, la vendemmia rappresenta il momento più affascinante e suggestivo: per secoli la raccolta delle uve da vino è stata uno degli eventi che hanno scandito il trascorrere dell’anno e delle stagioni e ancora oggi rappresenta un’esperienza unica da vivere in prima persona.

La parola “vendemmia” si applica in modo specifico alla raccolta delle uve destinate alla produzione di vino e, attraverso la sapiente commistione di tradizioni antiche e tecnologie moderne, è il primo passo che porta alla produzione di vini pregiati come quelli Banfi.

Sapere come si fa la vendemmia, come si chiama chi fa la vendemmia e quali sono i segreti per riconoscere i grappoli migliori permette di apprezzare il valore e il prestigio delle etichette d’eccellenza.

Quando si vendemmia?

I tempi della vendemmia sono legati alle caratteristiche del vitigno e all’andamento climatico. Il grado di maturazione delle uve, infatti, è fortemente condizionato dalle proprietà del suolo, dall’esposizione al sole e alle condizioni climatiche.

I tempi della vendemmia variano quindi di anno in anno: in Italia, e in Toscana particolare, tradizionalmente si vendemmia tra settembre e ottobre, anche se negli ultimi anni sempre più spesso le vendemmie sono precoci, iniziando quindi già alla fine di agosto.

I momenti migliori per raccogliere l’uva alla giusta maturazione destinata alla produzione di vino sono quelli più freschi della giornata, preferibilmente al mattino presto. ll caldo eccessivo, infatti, può portare alla fermentazione delle uve nelle ceste, rovinando così il frutto.

Come si fa la vendemmia: raccolta manuale e raccolta meccanica

La raccolta dei grappoli d’uva può avvenire secondo due diverse modalità:

  • la raccolta manuale,
  • la raccolta meccanica.

La prima modalità vede impegnati decine di operatori esperti (viticoltori) che selezionano uno ad uno i grappoli da utilizzare per la produzione del vino; la seconda, invece, prevede l’utilizzo di macchine vendemmiatrici che scuotono con delicatezza le viti facendo cadere gli acini in appositi contenitori.

Appare evidente che questo secondo metodo di raccolta è sì più rapido ed economico, ma non garantisce una perfetta qualità delle uve. Solo con un’attenta selezione è possibile infatti scegliere le uve migliori, da cui ricavare un vino d’eccellenza.

Come si fa la vendemmia manuale? Utilizzando apposite forbici, si asportano i grappoli maturi dalla pianta, che poi vengono privati delle foglie e adagiati in specifici contenitori, facendo molta attenzione a non pressare o danneggiare gli acini.

Quali sono le fasi della vendemmia

Nelle tenute Banfi, dove sorge il Castello Banfi, le fasi della vendemmia sono scandite con la cura e con l’attenzione ai dettagli che da sempre contraddistinguono la nostra azienda.

Raccolta

Tutto ha inizio nei vigneti, tra i filari ordinati e rigogliosi. La prima fase della vendemmia consiste nella raccolta dei grappoli maturi, affidata all’esperienza e alla profonda conoscenza delle uve dei viticoltori di Banfi, che si dedicano con scrupolosa cura alla selezione manuale dei grappoli migliori. Solo i grappoli privi di difetti e al punto giusto del loro percorso di maturazione vengono selezionati per la vinificazione, e quindi raccolti e deposti nei tini.

Pigiatura

La seconda fase della vendemmia, la pigiatura, rappresentava in un passato non troppo lontano un momento di aggregazione e una vera e propria festa collettiva. Durante la vendemmia antica, la popolazione, bambini compresi, si radunava nei campi e, a piedi scalzi, si dedicava alla pigiatura delle uve in grandi tinozze di legno.
Oggigiorno, la fase della pigiatura è affidata a speciali macchine agricole e pigiadiraspatrici che schiacciano gli acini e pressano i chicchi, dopo aver eliminato i raspi.

Alcune aziende vinicole e Wine Resort come quello di Castello Banfi, profondamente legati al territorio e alle tradizioni, offrono ai visitatori la possibilità di visitare le cantine e godere nel periodo di vendemmia delle attività che si svolgono in vigna.

Fermentazione, ri-fermentazione e invecchiamento

Le ultime fasi della vendemmia e della produzione del vino hanno come protagonisti il mosto e l’innovazione tecnologica.

La fermentazione alcolica, che inizia subito dopo la pigiatura, dura mediamente dai sette ai dieci giorni e avviene in botti a temperatura controllata realizzate con specifici materiali che preservano al massimo l’integrità e la ricchezza delle uve.
Infine, il vino viene lasciato invecchiare in ambienti a specifiche temperature e tassi di umidità, e solo quando raggiunge il risultato desiderato dal team di Enologi, viene imbottigliato e, dopo un periodo di riposo in bottiglia, immesso sul mercato.

Come si fa il vino?

Il processo che trasforma le uve in una delle bevande più antiche e apprezzate al mondo è al tempo stesso affascinante e complesso, una sapiente combinazione tra la perizia dell’uomo, acquisita nel corso di secoli di studio e ricerca, e la magia della natura. Chiedersi come si fa il vino ed approfondire il funzionamento di quell’elaborato microcosmo che è il procedimento per fare il vino permette di apprezzare in misura maggiore l’ampia varietà enologica offerta dai suoli italiani e l’eccellenza, frutto di ricerca e innovazione, di aziende vinicole come Banfi.

Gli appassionati che si chiedono cosa serve per fare un buon vino troveranno in questo approfondimento il racconto dei passaggi fondamentali (coltivazione, vendemmia, pigiatura, fermentazione, invecchiamento e imbottigliamento) del procedimento per fare il vino.

Difficile è racchiudere in parole l’esperienza completa di chi ha fatto della produzione di vino la propria filosofia di vita e di lavoro: la passione per la propria terra, la profonda conoscenza del territorio e il costante desiderio di innovazione sono solo alcuni dei principi che guidano case vinicole come Banfi.

Coltivazione

Per fare un buon vino occorrono innanzitutto materie prime di qualità. Ad esempio uve frutto di un lungo processo di selezione che comincia con la scelta del terreno adatto in cui impiantare i vigneti.

All’interno dei circa 3.000 ettari della tenuta Banfi, grazie agli studi di zonazione iniziati nei primi anni ’80, sono stati individuati circa 29 tipi diversi di suolo, con caratteristiche, altitudini e latitudini, oltre che esposizioni, diverse.

Fino ai 150 metri s.l.m. troviamo suoli compatti e argillosi, con temperature moderate, ottimi per la produzione di vini eleganti. Dai 150 e fino ai 300 metri di altitudine, invece, ci sono suoli sabbiosi, leggeri ed asciutti che favoriscono la produzione di vini più concentrati e ricchi di tannini. Suoli profondi con impasto medio, adatti a produrre vini più aromatici a strutturati, si trovano oltre i 300 metri.

Lo studio del comprensorio vinicolo volto a determinare l’attitudine di un suolo, in base alle sue caratteristiche microclimatiche, pedologiche e alla coltivazione di un determinato tipo di vitigno, è una tappa fondamentale del procedimento per far il vino. Si tratta inoltre di un tema particolarmente caro alla Sanguis Jovis – Alta Scuola del Sangiovese, il primo centro di studi permanente dedicato interamente alla ricerca e allo studio di uno dei vitigni più coltivati in Italia: il Sangiovese.

Vendemmia

Quando le uve raggiungono la perfetta maturazione, inizia la vendemmia. I tempi della vendemmia variano a seconda di diversi fattori, quali la tipologia di suolo e di vitigno, ma anche la latitudine o le condizioni climatiche che mutano di anno in anno. In Italia, si vendemmia tra inizio agosto e fine ottobre.

Tradizionalmente, la raccolta delle uve viene fatta a mano: i viticoltori esperti selezionano con cura solo i grappoli migliori, scegliendoli tra quelli privi di imperfezioni estetiche e con il giusto grado di maturazione. Oggi, alla vendemmia manuale, si affianca quella meccanica.

Nei vigneti Banfi, gesti antichi si fondono con nuove tecnologie. L’uva raccolta a mano arriva in cantina, sul banco di selezione, dove i singoli grappoli vengono accuratamente selezionati a mano dai nostri esperti, in modo da garantire che solo le materie prime migliori vengano impiegate per fare il vino. Una volta giunte in cantina, le uve vendemmiate con la macchina, invece, sono selezionate meccanicamente, così da assicurare la migliore qualità al prodotto finale.

Pigiatura

In caso di raccolta manuale, il procedimento per fare il vino prosegue con la diraspatura, a cui segue la pigiatura, ossia lo schiacciamento degli acini d’uva.

All’interno del vasto panorama di tradizioni e festività legate alla coltivazione della terra per il vino, in passato la pigiatura rappresentava un’occasione di festa per le famiglie dei villaggi, che si radunavano nelle piazze o in prossimità dei vigneti e a turno pigiavano con i piedi le uve appena raccolte all’interno di grandi catini.

Al giorno d’oggi i procedimenti di pigiatura moderna per fare il vino si basano sull’utilizzo di macchinari specifici che schiacciano gli acini senza deteriorare le bucce (pigiatura meccanica).

Fermentazione

Siamo finalmente pronti per una delle fasi più delicate di tutto il processo di produzione: la fermentazione.

La fermentazione alcolica ha lo scopo primario di convertire gli zuccheri in alcol e anidride carbonica (glicolisi) e quello secondario di produrre i cosiddetti aromi fermentativi che caratterizzeranno, in parte, il bouquet olfattivo del vino.

La fermentazione può essere attivata dai lieviti(definiti autoctoni o indigeni) presenti naturalmente nell’aria e depositatisi sulle bucce dell’uva. Tuttavia, a causa della loro indole mutevole, non è sempre possibile individuare con certezza quali siano quelli davvero utili e quali invece potrebbero compromettere la stabilità del vino. Per questo motivo, gli studiosi ricreano culture di lieviti selezionati in laboratorio con cui ottenere vini di maggior pregio.

Tempi e temperature di fermentazione

Quanti giorni deve fermentare l’uva per fare il vino? La durata della vinificazione dipende essenzialmente dalla tipologia dell’uva stessa e dal vino che con questa si vuole produrre: i vini più corposi e strutturati, come il Brunello di Montalcino, richiedono una fermentazione molto lunga, che da un minimo di 15 giorni può arrivare anche a 40 giorni e oltre.

Durante tutta la durata del processo, la temperatura del mosto deve essere tenuta sotto controllo, sia per garantire l’avvio stesso del processo di fermentazione sia per conservare intatte le caratteristiche aromatiche del vino.

A Banfi, per i vini bianchi, si utilizzano principalmente vasche in acciaio inox a temperatura controllata, anche se per alcuni si procede con una parziale fermentazione in barrique. Per i vini rossi importanti, come il Brunello di Montalcino, si adoperano i tini Horizon, tini combinati in acciaio e legno a temperatura controllata.

Invecchiamento

Una volta terminata la fase della fermentazione avviene la svinatura.

Dopo la svinatura, il vino si travasa nelle botti per la fase di invecchiamento. Per fare un buon vino è fondamentale la qualità del legno, generalmente rovere, con cui sono realizzate le botti, in quanto materiale “vivo e attivo”, influenza le qualità organolettiche e olfattive del vino.

Presso Banfi, la scelta del legno, della forma e delle dimensioni delle botti è da sempre il risultato di una sapiente ricerca e selezione dei materiali innovativi migliori.

Il tempo di invecchiamento del vino dipende dalla varietà dell’uva, oltre che dalla tipologia di vino che si vuole produrre. I vini rossi, soprattutto quelli corposi e di grande struttura, per esempio necessitano di diversi anni di invecchiamento.

Imbottigliamento

L’ultima fase del procedimento per fare il vino è l’imbottigliamento.

Prima di essere imbottigliato, il vino può essere filtrato, dopodiché, privato dell’ossigeno attraverso l’inserimento di azoto va in bottiglia, dove farà ancora affinamento se si tratta di vini particolarmente strutturati, come il Brunello di Montalcino, oppure sarà pronto per essere consumato.

Temperatura vino rosso: a quale conservarlo e servirlo

La temperatura di servizio di un vino rosso o di un vino bianco è un elemento chiave per una degustazione a regola d’arte: ogni vino, infatti, va servito a una temperatura specifica, capace di esaltarne al meglio il bouquet di profumi, la corposità e il sapore.

Una corretta temperatura del vino rosso è fondamentale per conservare tutte le caratteristiche organolettiche del vino. Variazioni di temperatura, anche di qualche grado, possono amplificare le sensazioni olfattive o il gusto verso una maggiore piacevolezza del vino o, al contrario, danneggiare una bottiglia pregiata, compromettendone le caratteristiche organolettiche che sono state sapientemente prodotte durante l’affinamento in botti pregiate.

Per valutare a che temperatura conservare il vino rosso può essere utile tenere a mente i seguenti principi:

  • le temperature più alte esaltano la morbidezza e la corposità del vino;
  • le temperature più basse affinano la percezione della sapidità e della dolcezza del vino.

Nel caso del vino rosso, questo fattore è ancora più importante, in quanto si tratta di vini dal bouquet ricco e intenso e con un elevato concentrazione di tannini, che può essere sensibilmente influenzata dalla temperatura.

Vino rosso: temperatura di servizio e di conservazione

La temperatura di servizio è la temperatura ideale a cui servire il vino rosso, ossia quella che maggiormente riesce a esaltare le qualità della bottiglia ed è indicata sull’etichetta.

La temperatura di conservazione è invece quella a cui conservare il vino quando non viene servito durante i pasti. Questa non sempre coincide con la temperatura ambiente. In inverno e in estate, infatti, latemperatura ambienteè ben lontana dai 20° standard a cui si fa riferimento quando si parla di vino rosso e temperatura consigliata. In questi casi, in estate potrebbe essere necessario un breve passaggio della bottiglia in frigorifero per riportare il vino alla temperatura ideale.

I vini andrebbero in realtà sempre conservati a temperatura controllata, ad esempio in una cantinetta per vino, per evitare sbalzi termici dannosi quanto l’umidità e l’azione della luce diretta. È consigliabile impostare latemperatura del vino rosso in cantinettatra i 12°C e 16°C.

A che temperatura si beve il vino rosso?

  • I vini rossi corposi, con una struttura importante e un elevato tasso di tannini, si servono a una temperatura di 16-18°C, ossia la temperatura ideale per mantenere il giusto equilibrio tra morbidezza e durezza e per valorizzare l’ampio bouquet di profumi che vini così corposi racchiudono;
  • i vini rossi mediamente strutturati si servono invece a una temperatura leggermente inferiore:14-16°C;
  • i vini rossi giovani o i vini novelli, infine, si servono a una temperatura di 13-14°C.

Quale vino rosso va in frigo?

Alcune tipologie di vino rosso esprimono al meglio le proprietà organolettiche grazie a un breve stazionamento in frigorifero, soprattutto in quei periodi dell’anno in cui le temperature possono superare i 20°, ossia la soglia oltre la quale le proprietà dei vini rossi, in particolare la dolcezza e la gradazione alcolica, potrebbero essere alterate dal calore.

In estate si prediligono vini rossi freschi e leggeri, con una modesta presenza di tannini, un complesso bouquet floreale e un buon grado di acidità che possono essere ulteriormente esaltati da un breve passaggio in frigorifero prima della degustazione. Tra questi troviamo, ad esempio, lo Stilnovo, un vino rosso fresco e leggero, con note fruttate che stuzzicano il palato e la presenza di tannini appena percepibile, da portare in tavola con una temperatura di servizio di 16-18°C.

Temperatura ideale del vino rosso Banfi

Nell’ampio ventaglio dei vini prodotti da Banfi – ventaglio che continua ad ampliarsi grazie alla profonda conoscenza del territorio e alla ricerca continua – Banfi vanta diverse bottiglie di vini rossi. Ecco una panoramica della temperatura ideale dei vini rossi Banfi più apprezzati.

Il Rosso di Montalcino, dalla struttura complessa e ben bilanciata, dal finale persistente e dalla spiccata acidità, ha una temperatura di servizio suggerita di 16°C che permette di esaltare i sentori di mora e lampone impreziositi da note di caffè e tabacco che caratterizzano questo vino.

Anche il Brunello di Montalcino, con il suo profumo dolce e fruttato, arricchito da note di tabacco da pipa e con la sua struttura viva e potente, viene servito alla temperatura di 16-18°C. Si rafforza così il perfetto bilanciamento già presente in bottiglia tra la morbidezza dei tannini e l’acidità persistente di questo vino rosso.

Il vino Centine Toscana IGT, realizzato con un blend di varietà rosse di eccezionale pregio, ha una struttura piena e rotonda, con un finale molto equilibrato; il suo complesso bouquet di profumi, una sapiente fusione di note dolci e speziate, viene esaltato da una temperatura di servizio del vino rosso di 16°C.

La freschezza acida del vino rosso L’Altra raccomanda una temperatura di 16°C che, come accade per tutti i vini rossi di media struttura, è la temperatura ideale per esaltare la dolcezza dei tannini e lasciar fiorire i sentori floreali di viola di questo vino.

Anche il Belnero, un rosso dall’aroma intensa ed elegante, con note di frutta matura e vaniglia, sprigiona il suo delicato profumo a una temperatura di 16°C.

In conclusione, raccomandiamo sempre di seguire le indicazioni dell’etichetta o i consigli del produttore per individuare la giusta temperatura del vino rosso.

Dove dormire in un castello?

Vivi l’esperienza unica del pernottamento in un castello: scopri subito la lista dei luoghi più belli dove dormire in Toscana.

Esperienze uniche: dove dormire in Toscana

Dormire in un castello medievale è un’esperienza romantica e alternativa, ad esempio per festeggiare un anniversario o un’altra occasione speciale. La Toscana è una delle mete più ambite per questo tipo di soggiorni, grazie alla bellezza del paesaggio e alla presenza di numerosi e incantevoli borghi medievali, piccoli gioielli arroccati sulle colline e circondati da prati verdi coltivati a vigneti.
Il paesaggio toscano è infatti, sia per la sua conformazione geografica che per la sua storia, ricco di castelli, avamposti e fortezze che negli ultimi anni sono stati ristrutturati e trasformati in resort, ideali per chi vuole soggiornare in un castello e riscoprire i valori e le bellezze di queste terre.
E proprio dal desiderio di riportare alla luce le meraviglie storiche e naturalistiche di questi piccoli borghi e dalla visione pionieristica e lungimirante che nasce Castello Banfi Il Borgo.
Nell’incantevole borgo di Poggio alle mura è possibile alloggiare in alcuni spazi di un autentico castello medievale e immergersi in un’atmosfera da favola.

Pernottamento in castello: cosa aspettarsi

L’aspetto più affascinante di un pernottamento in castello è quello di trovarsi in una cornice unica, antica e suggestiva, che richiama gli splendori del passato. Le sagome delle torri che svettano contro il cielo azzurro della Toscana, le stradine tortuose che portano all’ingresso del castello, la vista sulle colline e sui vigneti sono lo sfondo ideale per un soggiorno unico nel suo genere.

Comfort e lusso in una cornice da favola

Soggiornare in un castello è anche sinonimo di lusso, ricercatezza, cura dei dettagli e assistenza eccellente per gli ospiti: resort come quello di Castello Banfi offrono tutti i comfort di una struttura ricettiva di lusso con il vantaggio di trovarsi in una cornice magica e suggestiva.

Dall’allestimento delle camere dell’Hotel Il Borgo, rimodernate e arredate con stile, ai pasti serviti all’ombra del castello nel Ristorante La Sala dei Grappoli, dall’accoglienza impeccabile alle degustazioni dei prodotti tipici della zona, tutto è studiato con cura per regalare a chi sceglie di dormire in un castello un’esperienza indimenticabile.

Esperienze fuori dal castello

Ma la magia di un week end di un castello in Toscana si estende anche al territorio circostante: oltre al relax in un ambiente elegante, raffinato e in perfetta armonia con la natura circostante, Castello Banfi  offre la possibilità di esplorare le colline toscane con escursioni e visite guidate tra gli incantevoli paesaggi che circondano il castello. E ancora, tour enogastronomici presso le aziende locali o wine tour.

Castello di Poggia alle Mura di Banfi

Presso il Castello Banfi è possibile vivere tutte queste esperienze, insieme all’ospitalità e all’eccellenza che caratterizza l’azienda vinicola Banfi.

Gli spazi comuni

Gli spazi comuni sono stati pensati per offrire agli ospiti sia momenti aggregativi che momenti di intimità all’interno della magica cornice del castello. La Sala Lettura, con il suggestivo affaccio sul secondo cortile del castello, è l’ideale per godersi un buon libro accompagnato da un calice pregiato mentre il Pergolato, con il suo roseto bianco e la vista sulla vallata, offre un incantevole scorcio del paesaggio toscano e un luogo romantico dove passeggiare. Tecnologia, comfort e lusso si rispecchiano nella piscina esterna riscaldata con vista sulle colline toscane.

I ristoranti

Due deliziosi e raffinati ristoranti all’interno del resort – ristorante La Taverna e ristorante La Sala del Grappolo – aggiungono al piacere di soggiornare in un castello quello di degustare le prelibatezze del territorio e i prodotti di qualità a chilometro zero sapientemente adoperati da chef d’eccellenza per creare veri e propri capolavori culinari.

Le camere

Le camere e le suites, finemente arredate dal rinomato architetto d’interni Federico Forquet e decorate con accessori esclusivi, rendono l’esperienza di dormire in un castello ancora più confortevole e ricercata. Infine, la divisione degli spazi offre la possibilità di godere appieno di momenti di relax e intimità tra le mura del castello mentre gli arredi concorrono a soddisfare il massimo comfort ed eleganza per gli ospiti.

Chi ha inventato il vino: storia e curiosità

L’origine del vino è antichissima e le testimonianze su chi ha inventato questo pregiato prodotto si perdono nel passato più antico. La storia del vino, infatti, si intreccia con quella delle più antiche civiltà, con i miti della fondazione, con i grandi eroi della letteratura del passato e con la religiosità intrinseca nella cultura dei popoli primitivi. È una storia fatta di scoperte, di invenzioni e di innovazioni, e noi di Banfi siamo orgogliosi di aver lasciato la nostra impronta nella storia del vino in quanto pionieri dell’innovazione tecnologica unita alla tradizione.

Molte sono le civiltà o i personaggi a cui è stata attribuita l’invenzione del vino, ma attualmente gli studiosi non sono in grado di indicare con certezza chi ha inventato il vino e dove. Tuttavia, dato il grande interesse suscitato dalla storia del vino tra i produttori e gli estimatori di questa bevanda, archeologi ed esperti continuano a indagare, riportando notizie sempre nuove che fanno localizzare la nascita del vino in luoghi e tempi differenti.

Etimologia della parola vino

La parola italiana “vino”, che si mantiene piuttosto simile in quasi tutte le lingue romanze e non solo, deriva dal latino “vinum” che, a sua volta, trae origine dal greco classico “οἶνος”. L’origine comune della parola in tutte le civiltà di derivazione indo-europea testimonierebbe l’antichità di questa bevanda.

L’utilizzo di questa parola latina si sarebbe poi diffusa ai popoli che parlavano umbro, osco, falisco, leponzio e, successivamente, anche nelle lingue celtiche e germaniche. Anche i termini slavi utilizzati per riferirsi a questa bevanda sembrano derivare dal prestito latino.

Secondo altre teorie, il termine deriverebbe invece dalla parola sanscrita “vene”, caratterizzata dalla stessa radice di Venere, nome della dea romana dell’amore e del piacere, a connotazione della vocazione del vino legata al godimento e al piacere stesso.

Chi ha inventato il vino, secondo le diverse mitologie

Le grandi civiltà delle origini, dedite al consumo di vino sia per scopi rituali che per quelli di intrattenimento, hanno prodotto diversi miti di fondazione riguardanti la coltivazione della vite e la trasformazione dell’uva in vino. Miti che affascinano ancora oggi e che hanno dato origine a figure mitologiche, come il dio greco Bacco, diventate emblema del vino e della sua storia.

Antico Testamento e Cristianesimo

Secondo le testimonianze bibliche, l’inventore del vino è Noè che, dopo il Diluvio Universale, avendo trovato uno dei rami che Adamo aveva sottratto dal paradiso terrestre, piantò la prima vite e, trovati deliziosi i frutti, imparò a coltivarla sistematicamente e a ricavare il vino dai suoi grappoli. Ma questa non è l’unica attestazione del vino e della vite nell’Antico Testamento: alcune tradizioni vedono proprio nella vite e non nella mela il frutto proibito che comportò la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden. Il tema del vino ritorna poi anche nel Cristianesimo, dove questa bevanda assume una funzione fondamentale durante l’Eucarestia, diventando il simbolo del sangue di Gesù Cristo.

Persia

Per i persiani, la scoperta del vino si intreccia invece con le imprese eroiche dello scià Jamshid, il quale riceve in dono il seme della vite come ringraziamento per aver salvato la vita ad una magica creatura. La leggenda narra che quando i grappoli della vite, una volta raccolti nelle giare, cominciarono a emanare un cattivo odore, Jamshid fece nascondere le giare in cantina, etichettandole come veleno. Una delle sue concubine, decisa a togliersi la vita per essere stata trascurata dal suo signore, bevve la bevanda ritenuta veleno ma anziché perire,scoprì gli effetti benefici del vino e informò subito il sovrano della sua scoperta, riguadagnandone il favore.

Chi ha inventato il vino secondo i greci

Secondo la mitologia greca, il dio Dioniso (Bacco per i romani), figlio di Zeus e della ninfa Semele, è chi ha inventato il vino. Il dio, giocando con gli acini d’uva tra le mani, ne fece scorrere il liquido dolciastro e, una volta assaggiatolo, fu colto da uno stato di allegria ed ebrezza. Scoprì poi che, più lo si lasciava riposare, migliore era il sapore. Inoltre, la stessa vite non sarebbe altro che il corpo di Ampelo, il giovinetto amato dal dio, trasformato in un vitigno dopo la sua tragica morte.

Dove è nato il vino: le scoperte archeologiche

Nonostante una delle credenze più diffuse collochi l’invenzione del vino in Egitto, le testimonianze archeologiche spostano la prima produzione del vino nella zona del Caucaso circa 10 mila anni fa. La più antica giara di vino mai rinvenuta (risalente al 5.100 a.C.) è stata scoperta infatti in un villaggio neolitico nella parte settentrionale dell’Iran mentre la più antica “casa vinicola” risale al 4.100 a.C. con sedein Armenia. Qui è stata infatti rinvenuta una grotta adibita alla fermentazione e produzione del vino, dove ancora oggi cresce spontanea l’uva selvativa.

Dal punto di vista della coltivazione, invece, la presenza della vitis vinifera, la pianta da cui ha origine la vite, è attestata in Cina fin dal 7.000 a.C. circa, in Georgia dal 6.000 a.C., in Iran fin dal 5000 a.C., in Grecia fin dal 4500 a.C., sulle rive del Mar Caspio e nella Turchia orientale.

Nel corso degli anni, sono state numerosi gli studi archeologici volti a confermare le diverse teorie sulla nascita del vino e a scoprire dove sia nato il vino. Le scoperte più recenti sembrano avvalorare la tesi più diffusa che vede nel Caucaso il luogo di origine del vino. Tra il 2007 e il 2010, in questa regione, è stata portata alla luce nei pressi del fiume Arpa una grotta con 3 locali interamente dedicati alla vinificazione.

Oltre ad alcuni semi divitis vinifera,gli studiosi hanno rinvenuto una cantina con una pressa per l’uva e un serbatoio per la fermentazione, insieme a diversi contenitori per il vino. I manufatti fanno datare il sito al 4.100 a.C. circa, ossia diversi secoli prima di quella considerata fino a poco tempo fa la più antica testimonianza di vinificazione della storia: un bassorilievo in una tomba dell’Antico Egitto datato intorno al 2.500 a.C.

Il vino: una storia di innovazioni e di invenzioni

Ripercorrere la storia del vino, del suo impiego presso le antiche civiltà e delle invenzioni che hanno portato alla nascita della bottiglia così come è conosciuta oggi è un percorso lungo e affascinante, ma che sottolinea ancora di più lo stretto legame dell’uomo con il vino.

Antichità

Nel mondo anticoil vino veniva considerato una bevanda pregiata.

IFenicine furono i più grandi produttori dell’epoca e, con i loro commerci, diffusero le tecniche di produzione del vino in tutto il Mediterraneo. Ma è in Grecia e a Roma che nasce una vera e propria cultura del vino, grazie all’importanza che i greci e i romani davano al Dio Bacco/Dioniso durante le loro celebrazioni. Tuttavia, per contrastare lo stato di ebrezza dato dal vino, ritenuto poco consono ai costumi dell’epoca, i romani avevano l’abitudine di diluirlo con l’acqua.

Medioevo

Nel Medioevo l’utilizzo del vino nella liturgia eucaristica favorì la trasmissione delle antiche tecniche vinicole, nonché la creazione della “ricetta” del vino così come la conosciamo oggi, senza gli aromi e le erbe con i quali invece gli antichi arricchivano la bevanda.

Età moderna e invenzioni

Nell’età moderna si attestano le grandi scoperte alimentari del XV-XVIII secolo, ad esempio della birra, del tè e della cioccolata, che arrivano in Europa mentre il vino inizia a essere esportato nel Nuovo Mondo.

Nonostante i manufatti in vetro abbiano fatto parte della cultura materiale dell’uomo fin dalla Preistoria, così come il vino, è solo nel ‘600 che viene prodotta la prima bottiglia da vino, la cosiddetta “English Bottle”, antenata delle moderne bottiglie. Alcune fonti ne attribuiscono la paternità al filosofo e pensatore inglese Kenelm Digby, sebbene la bottiglia di vetro da vino sia stata brevettata dall’ufficiale della British Royal Navy John Colnettin seguito.

Un’ulteriore tappa fondamentale nella storia del vino è stata l’invenzione del tappo di sughero che, grazie alla sua porosità, crea un perfetto equilibrio tra l’aria contenuta nella bottiglia e quella esterna, permettendo il processo di invecchiamento.

Nonostante non si sappia con sicurezza chi ha inventato il vino, è certo che la sua invenzione ha lasciato un segno nella nostra storia agroalimentare.

Quanti calici si possono fare con una bottiglia di vino?

Che si tratti di una cena romantica o di un brindisi in famiglia, ecco come capire quanti calici ci sono in una bottiglia di vino.

Quanti calici si possono fare con una bottiglia di vino?

Un pranzo in famiglia, una cena di lavoro o un’occasione speciale vanno sempre accompagnati da una buona bottiglia di vino che si sposi con il menu e con i gusti degli ospiti. Inoltre, per la buona riuscita della cena, è importante sapere quanti calici con una bottiglia di vino si possono servire, così da aprire un numero adeguato di bottiglie.

Il vino, infatti, a differenza di altre bevande come la birra o le bibite gassate, non deve mai riempire del tutto il bicchiere ma seguire regole precise a seconda della tipologia di calice adoperato e del vino scelto, al fine di valorizzare al meglio profumo, consistenza e sapore di quest’ultimo.

A ogni vino il suo bicchiere

L’arte di portare in tavola il vino e abbinarlo alle specifiche portate non si limita alla scelta della bottiglia ma riguarda anche la scelta del tipo di calice e la giusta quantità di vino da versare in esso, così da sapere in anticipo quanti calici si possono riempire con una bottiglia di vino.

La tipologia di bicchiere da vino più utilizzata è il calice a tulipano, che si adatta sia ai vini bianchi che ai rossi classici. Per i vini rossi invecchiati, invece, si predilige il calice con la coppa panciuta, in modo da far respirare ulteriormente il vino affinché sprigioni il suo bouquet di profumi e sapori.

Per gli spumanti e i vini molto frizzanti, il calice ideale è il flûte, con la coppa alta e slanciata che permette di apprezzare il perlage di questa tipologia di vino. I calici per vini da dessert, infine, sono più piccoli di quelli tradizionali e hanno una forma caratteristica: la coppa panciuta per esaltare gli aromi e l’apertura stretta per farli giungere direttamente al naso.

Quanti calici con una bottiglia di vino rosso o bianco fermo

I vini rossi o i bianchi fermi sono i più apprezzati sulle tavole degli italiani, per cui è importante sapere, ad esempio, quanti calici si possono ottenere da una bottiglia da 750 ml.

La regola vuole che il calice da vino a tulipano non sia mai riempito interamente ma soltanto per un terzo e mai oltre i due terzi del bicchiere. Questo permette al vino di sprigionare il suo ventaglio di profumi e aromi, nonché agli intenditori di testarne la brillantezza del colore e la consistenza.

Come detto in precedenza, i vini bianchi fermi e i rossi giovani vanno serviti in calici a tulipano di medie dimensioni mentre i rossi strutturati in calici a tulipano leggermente più ampi. In ogni caso, la quantità ideale di vino da versare è di circa 150 ml. Di conseguenza, da un bottiglia standard di 750 ml si ottengono 5/6 bicchieri di vino.

Quanti calici con una bottiglia di spumante?

Per i calici da spumante o flûte, la quantità da versare nel bicchiere per un brindisi perfetto ed elegante è sempre 150 ml circa, poiché la regola impone di riempire il 90% del flûte. Quindi, da una bottiglia di spumante, ad esempio, da 750 ml si ottengono circa 5 bicchieri.

Vini da dessert: quanti bicchieri

Le bottiglie dei vini passiti o di quelli da dessert sono discretamente più piccole (generalmente da 500 ml) rispetto a quelle dei vini da portata e questo vale anche per i bicchieri: più piccoli e dalla forma particolare. La quantità di vino da versare è di circa 90 ml, quasi la metà del calice. Si potranno quindi ricavare 5/6 bicchieri.

Il bicchiere da degustazione

Una nota a parte riguarda il momento della degustazione, ad esempio quando si visitano le cantine. La International Organization for Standardization ha codificato nel 1970 le misure del calice da degustazione utilizzato durante gli eventi ufficiali, chiamato calice ISO.

Questo calice ha una forma particolare, con una pancia di medie dimensioni e un’apertura più stretta rispetto ad essa, che consente una perfetta concentrazione degli aromi. Per una degustazione, la quantità di vino versato deve essere di circa 50- 100ml. Di conseguenza, da una bottiglia si potranno ricavare dai 7 ai 15 bicchieri circa.

5 borghi da non perdere in Toscana

Durante il tuo soggiorno presso Castello Banfi non mancare una visita ai borghi più suggestivi della Toscana. Ecco i nostri consigli.

5 borghi da non perdere in Toscana

Firenze, Pisa, Siena e Lucca sono città ricche d’arte e di storia che richiamano turisti da ogni parte del mondo. Tuttavia, le città d’arte non sono l’unica attrazione della Toscana, anzi: sempre più viaggiatori italiani e stranieri scelgono di fuggire dalle grandi città per rifugiarsi nella tranquillità dei borghi toscani, luoghi da fiaba in cui il tempo sembra essersi fermato.

Il numero dei piccoli borghi da visitare in Toscana è molto ampio: alcuni famosi, come Montalcino, altri meno noti ma ugualmente suggestivi, come Rocca d’Orcia, sono mete ideali per chi ama passeggiare tra le viuzze strette e le scalinate di pietra, per chi vuole ammirare paesaggi belli da togliere il fiato in ogni periodo dell’anno, e per chi vuole ripercorrere la storia della regione del Chianti e del Brunello.

I borghi più belli da visitare

Che siano circondati da colline coltivate a vigneti e uliveti, o che siano arroccati intorno ad una fortezza medievale, ecco alcuni dei borghi più belli da visitare in Toscana nelle vicinanze di Castello Banfi Wine Resort.

Montalcino

Montalcino deve la sua fama al celebre Brunello e agli altri vini pregiati che nascono sulle colline che circondano questo borgo, oltre ad essere uno dei borghi della Toscana più belli da visitare. È infatti un luogo ricco di fascino, tra suggestioni paesaggistiche e monumenti storici, ma anche culturalmente vivace, non solo per chi ama il buon vino.
Il principale punto d’interesse è l’imponente fortezza di Montalcino, una rocca che domina la vallata sottostante e che in estate diventa la location d’eccezione per il Jazz & Wine in Montalcino. Altri luoghi da visitare assolutamente sono il Duomo di Montalcino, che ospita un bellissimo organo a canne, e il Palazzo dei Priori (oggi sede del Comune), con una torre alta e stretta tipica dell’architettura comunale.

Sant’Angelo in colle

A pochi chilometri da Montalcino sorge il borgo medievale di Sant’Angelo in Colle, uno tra i borghi toscani da visitare quando si viaggia in questa regione. Il paesino sorge su una collina nel cuore della Val d’Orcia, circondato da vigneti e terreni coltivati.
Ai turisti che varcano le porte di questo borgo sembrerà di essere tornati indietro nel tempo: saranno accolti da un grande torrione di pietra (è quello che resta dell’antica cinta muraria), potranno passeggiare tra i vicoli medievali e potranno ammirare la piccola Piazza Castello, con le sue chiese e i suoi palazzi storici, cuore pulsante del turismo artistico, culturale e gastronomico di questo borgo toscano.

Castiglione d’Orcia

Castiglione d’Orcia offre a chi visita i borghi della Toscana uno dei panorami più mozzafiato d’Italia: nella sua frazione di Rocca d’Orcia sorge la Rocca di Tentennano, una fortezza un tempo inespugnabile lungo la via Francigena e oggi punto panoramico d’eccezione da cui ammirare le colline della Toscana dall’alto.
Il borgo sembra un vero e proprio paesaggio da cartolina, con le case rurali che si arrampicano sulla collina intorno alla Rocca Aldobrandesca, simbolo della famiglia feudale che regnò su queste terre e ora emblema del borgo stesso.

Santa Fiora

Il borgo di Santa Fiora è un piccolo gioiello incastonato tra le colline toscane, circondato da castagni e bagnato dal fiume Flora. Si tratta di una meta ideale per chi vuole fare un tuffo nel passato e godere delle bellezze della natura circostante.
Tra i piccoli borghi della Toscana da visitare, quello di Santa Flora è infatti un interessante connubio tra storia e natura selvaggia: passeggiando per le viuzze in salita potete ammirare il terziere di Castello, la parte più antica del centro storico con le sue fortificazioni, oppure potrete dedicarvi al trekking e alle escursioni sul vicinissimo Monte Amiata.

Castello di Poggio alle Mura, oggi meglio conosciuto come “Castello Banfi”

Poggio alle mura, in provincia di Siena, è tra i borghi più caratteristici da visitare in Toscana. La sua storia è molto antica, se si tiene conto dei resti della villa romana scoperti proprio sotto il castello. Il suo massimo splendore risale al Medioevo, grazie alla sua posizione strategica tra la Maremma e la val d’Orcia.

Chi visita questo borgo in Toscana non può non rimanere affascinato dalla bellezza di Castello Banfi, una superba roccaforte medievale perfettamente integrata nel paesaggio, che getta la sua ombra rassicurante su tutto il borgo. Il castello attualmente ospita il Museo della Bottiglia e del Vetro intitolato a J. Mariani, luogo in cui sono custoditi alcuni impareggiabili reperti vitrei di epoca romana e la bellissima “Portatrice” di Picasso.

Dove soggiornare per visitare i borghi in Toscana?

All’interno del borgo di Poggio alle mura si trova il Castello Banfi Wine Resort, un hotel di lusso con ogni comfort, un luogo perfetto in cui soggiornare per visitare i borghi toscani nei dintorni e per gustare le prelibatezze gastronomiche della regione.
Circondato da vigneti e uliveti, nel cuore della tenuta Banfi, l’Hotel Il Borgo offre la possibilità di soggiornare in eleganti camere arredate con gusto in perfetto stile toscano e di rilassarsi all’ombra di Castello Banfi nuotando nella bellissima piscina all’aperto riscaldata o assaporando un calice di vino Banfi sulla terrazza panoramica mentre lo sguardo si perde tra le bellezze di questo borgo toscano.